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Gatti nell’antico Egitto

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Gatti nell’antico Egitto, ovvero la storia di come il gatto è diventato un vero e proprio emblema: onorato, venerato e amato, dall’antichità fino ad oggi, fido amico domestico.

Gatti nell’antico Egitto: i primi addomesticamenti

Nell’antico Egitto i gatti sono stati venerati e amati al punto che ad un certo punto della storia si è iniziato ad addomesticarli.

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I gatti nell’Antico Egitto iniziarono ad essere accolti nelle case come predatori di topi. Con il tempo si iniziò anche ad addomesticarli

Praticamente i gatti selvatici africani erano accolti a corte e nelle case perché cacciavano i topi. Poi, con il tempo, i gatti restavano nelle case a fare compagnia alle persone la sera al ritorno dai campi. Ecco che con queste sue abilità e capacità empatiche i gatti nell’antico Egitto diventarono gli angeli del focolare.

Ma c’è di più e stiamo per scoprirlo nei prossimi paragrafi.

Gatto: divinità sacra

Questa non è una novità, ma non potevamo non citarlo nel nostro articolo dedicato alla storia di gatti nell’antico Egitto.

Il gatto è sempre stato per gli egizi un animale sacro. Una vera e propria divinità, che doveva essere tutelata, perché era l’animale feticcio della divinità Osiride e del dio RA (il dio Sole).

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I gatti erano delle vere e proprie divinità sacre, devote al dio Sole e alla dea Luna portavano fertilità e prosperità a coloro che li accudivano.

Non solo. Anche Iside, dea della Luna, aveva la gatta femmina come animale patronum e quindi ecco che per propiziare fertilità e prosperità si tenevano i gatti al pari degli esseri umani.

Più nello specifico, gli egiziani veneravano una divinità con il corpo di donna e la testa di gatto (gatta, al femminile). Il suo nome era Bastet. Questa divinità era figlia di Iside e sorella di Horus, una dea molto potente che aveva rapporti con il dio RA. Horus era simbolo della vita e con lei anche Bastet.

Bastet: dea della fecondità

I gatti nell’antico Egitto erano la reincarnazione di Bastet. Essendo la dea anche portatrice di fecondità e di maturità, quando una donna decideva di avere un figlio si rimetteva alla dea con sacrifici in altare e adottava una gatta.

La gatta andava venerata e portata in grembo durante la notte e si diceva che quando la gatta adottata rimaneva incinta, anche la donna avrebbe a breve atteso un bambino.

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Alla morte, i gatti venivano venerati e sepolti come i re e le regine. Bastet era la dea gatta a cui rivolgersi in caso di infertilità.

Coloro che invece, nonostante le offerte alla dea e l’adozione della gatta non rimanevano incinte oltre il primo anno dal matrimonio dovevano andare al tempio di Bastet per un sacrificio più sommo.

Il tempio si trovava nella città di Bubastis, nel basso Egitto, e li andava portata la gatta presa in adozione. Andava lasciata libera insieme a tutti gli altri gatti che popolavano quel luogo sacro per 3 giorni. Dopo 3 giorni se la gatta tornava dalla padrona spontaneamente avrebbe portato con sè anche lo spirito della dea e successivamente la donna sarebbe rimasta incinta.

Non uccidere i gatti nell’antico Egitto

Anche oggi dovrebbe essere un mantra, ma i gatti nell’antico Egitto non potevano essere uccisi. La loro uccisione era severamente punita da un tribunale speciale.

Addirittura, anche se un gatto veniva ucciso per errore o durante un incidente, si poteva essere perseguiti penalmente.

Cosa succedeva quando un micio passava all’altro mondo? Alla loro morte, naturale e non, i gatti nell’antico Egitto venivano imbalsamati e poi gli veniva realizzata una vera e propria veglia funebre. Una sepoltura degna di un’eroe, con tanto di monete d’oro e altri doni nel sepolcro per rendere la loro vita ultraterrena quanto più felice e confortevole possibile.


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